Sono le domande che molti si stanno facendo in queste ore in cui le donne turche si trovano a protestare per l’uscita della Turchia dalla convenzione di Istanbul (foto sopra).
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) è una trattato internazionale del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l’11 maggio 2021 a Istanbul.
Il trattato si propone di prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime ed impedire l’impunità dei colpevoli.
È stato firmato da 32 paesi e il 12 marzo 2012 e la Turchia è diventata il primo paese a ratificare la Convenzione.
La convenzione è poi entrata in vigore in Turchia nel 2014, ma mai realmente applicata secondo la piattaforma civile “We Will Stop Femicide Platform ” (Noi fermeremo i femminicidi).
Sette anni dopo arriva la revoca, il ministro per la famiglia Family, Zehra Zumrut Selcuk è arrivata a sostenere che i diritti delle donne sono comunque già garantiti nella legislazione.
In Italia, il 19 giugno 2013, dopo l’approvazione unanime del testo alla Camera, il Senato ha votato il documento con 274 voti favorevoli e un solo astenuto.
Ma il 20 marzo del 2021 la Turchia ha revocato la propria partecipazione alla convenzione con un decreto firmato dal presidente Erdogan.
Erdoğan ha dichiarato che la convenzione di Istanbul: “Danneggia i valori della famiglia tradizionale”.
La violenza domestica e il femminicidio sono un grave problema in Turchia, secondo il gruppo per i diritti “We Will Stop Feminicide Platform” l’anno scorso sono state uccise 300 donne.
Un movimento di supporto alla convenzione espresso in rete attraverso l’hashtag #istanbulconventionsaveslives, (la Convenzione di Istanbul salva vite) promette di dare battaglia al governo e di portare la decisione di uscire dalla convenzione davanti alla Corte Costituzionale del Paese.