Le serve di Jean Genet in scena al Teatro Studo Uno.
Le serve di Jean Genet – adattato e diretto da Michele Eburnea e Caterina Dazzi – è un testo ispirato da un fatto di cronaca nera realmente accaduto nella Francia del 1933. È lo spettacolo vincitore del Premio Nazionale delle Arti 2018 – sezione regia.
In un appartamento borghese, le serve Claire e Solange meditano l’assassinio della padrona. Attraverso lettere anonime fanno arrestare l’amante della Signora quando una telefonata avvisa dell’imminente rilascio di lui: la loro congiura rischia di essere smascherata.
L’esistenza delle domestiche – fatta di continui doppi e opposizioni e infinite attese – altro non è che una ramificazione degradata dei gesti e delle parole della donna per la quale sviluppano una morbosa dipendenza. Le due sono intrappolate nella loro emulazione: un cortocircuito grottesco, un gioco esasperato di apparenze e mulinelli le rende schiave del loro stesso rito, rinsecchite, goffe, avvizzite. Sognano la detronizzazione della Signora, in una logica delirante che alterna odio e amore, ripetizione e variazione, in cui gli oggetti invadono lo spazio fino a diventare imprevedibili nemici.
Come ingranaggi di un carillon, il meccanismo si ripete identico, in una sovrapposizione cubista di luoghi del reale e dell’immaginifico, dando vita a infiniti interrogativi.
NOTE DI REGIA
“Le serve è un inferno a tre, un susseguirsi di gironi, una commistione di linguaggi che toccano diversi stili. La Signora vive sulla scena, attraverso pareti e oggetti.
Il gioco delle tre carte, con lo svelamento di quello che si pensava essere l’asso di cuori, è metafora perfetta della realtà mistificata del testo e di quanto il nulla sia fulcro di questo: il giocatore non perde di vista l’asso di cuori, sa che è la prima carta del terzo mucchietto. La volta: è l’asso di picche. E sente una strana e brutale delusione: crede di aver avuto l’intuizione del niente. Ed è così che il niente diventa un’apparizione, il reale si scioglie. L’apparenza si rivela puro niente e causa di se stessa; l’essere diviene evanescente. ‘Traducete nel linguaggio del Male: il Bene non è che illusione; il Male è un Niente che produce se stesso sulle rovine del Bene’, scrive Sartre. È questo niente, è il falso che attrae Genet, la bugia che si eleva ad atto poetico”.
Con Michele Eburnea, Sara Mafodda e Mersila Sokoli – Adattamento e Regia Michele Eburnea e Caterina Dazzi – Foto Federica Di Benedetto – Video Riccardo Pompili – Grafica Jacopo Ernesto Gasparrini
Teatro Studio Uno
Via Carlo della Rocca, 6 – Roma (Torpignattara)
17-20 gennaio 2019 ore 21.00
domenica 20 gennaio 2019 ore 18.00
Con Michele Eburnea, Sara Mafodda e Mersila Sokoli
Ingresso 12 euro – Tessera associativa gratuita
Info 349 4356219 – 329 8027943 | www.teatrostudiouno.com – info.teatrostudiouno@gmail.com