Diga del Lago di Campotosto in Abruzzo. La rottura potrebbe generare un’onda alta come lo tsunami a Fukushima. I chiarimenti dei grandi rischi. Il lago verrà parzialmente svuotato.
Controlli sulla diga di Campotosto che accende la paura Vajont. Il lago di Campotosto è il secondo bacino artificiale più grande D’Europa.
Non si rileva alcun danno alla diga di Campotosto. Lo afferma l’Enel che gestisce l’infrastruttura.
“Alla luce della difficile situazione idrogeologica di questi giorni si è comunque deciso, come misura cautelare, estrema, di procedere ad una ulteriore progressiva riduzione del bacino”. Pare che il bacino verrà svuotato con cautela anche per non generare sovraccarico sui fiumi e generare allagamenti a valle.
Il presidente della Commissione grandi Rischi ha rivelato:
“Nella zona di Campotosto c’è il secondo bacino più grande d’Europa con tre dighe, una delle quali su una faglia che si è parzialmente riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago, per dirla semplice è ‘l’effetto Vajont’. Se si avverte un aumento del rischio, bisogna immediatamente renderlo trasparente alle autorità e alla popolazione”.
Si è parlato della possibilità che si generi un’onda alta più di 10 metri come in Giappone se cadessero valanghe nel lago. “Non si configura la possibilità di avere onde che possano superare i dieci metri.” Ha precisato, Sergio Bertolucci, presidente della Commissione.
La faglia in tensione nel lago di Campotosto.
“Uno dei primi step sarà approfondire gli studi sulla faglia e sulla diga. E poi disegnare scenari precisi sui rischi per le località vicine, arrivando quasi fino a Teramo. Infine bisognerà pensare a svuotare la diga. Non svuoterei adesso il lago di Campotosto, perché avrei paura di rompere l’equilibrio della faglia in tensione e di scatenare io un terremoto. Però andrà fatto il prima possibile, appena ci saranno le condizioni. Di certo opterei per uno svuotamento cauto: lento e graduale. La prima cosa a cui ho pensato è che ci sia stato un ‘effetto l’Aquila’: cioè che dopo il processo si tenda a evitare qualsiasi dichiarazione apparentemente ‘rassicurante’ e a seguire un profilo di maggior cautela“.
Lo sottolinea, intervistato da Repubblica, Alberto Pizzi, professore di geologia all’Università di Chieti e Pescara.